Lc 16,1-8
Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
*
“Chi osserva la parola di Gesù Cristo in lui l’amore di Dio è veramente perfetto” (1Gv2,5).
Osservare una indicazione, un comando, una volontà altrui chiede a noi stessi di fare un passo indietro, chiede una fiducia, chiede di non considerarci noi il centro; ma in colui che ci chiede una determinata cosa, la sua autorevolezza. Gesù continua anche oggi a parlarci nel Vangelo con una parabola, quella dell’amministratore disonesto: un amministratore che gestisce i beni del suo padrone senza prestare l’attenzione dovuta.
L’invito della Parola di oggi è quello di condurre una vita autentica, incentrata sul vivere il proprio compito con dedizione e secondo verità; l’amministratore è lodato per essere stato scaltro nel trovare una soluzione ai suoi problemi, ha fatto verità con se stesso, senza cercare giustificazioni al suo agire, senza incolpare nessuno.
Ancora una volta è Paolo, nella prima lettura che ci accompagna a riconoscere la signoria della Croce di Gesù nella vita del credente; è quell’evento salvifico che irradia nella vita del cristiano la forma più alta di amore altrui, del donarsi senza riserve, dell’accertare nella vita la sofferenza quanto essa genera nonostante la sua irruente violenza. L’apostolo invita i suoi interlocutori, a detta sua, ancora una volta, da diffidare da coloro che rinnegano la Croce, poiché essi ciò facendo sono nemici di Gesù.
La croce non è un semplice amuleto, né uno dei tanti articoli da corredare al proprio outfit, neanche un articolo da campagna elettorale. La croce ci ricorda che la nostra cittadinanza è nei cieli, da lì abbiamo la salvezza; avverrà per noi quello che Gesù mostra a noi con la Risurrezione, una trasformazione del nostro corpo, ricorda Paolo, in corpo glorioso, comunicandoci la sua regalità.
Nel nostro cammino di fede, da soli possiamo ben poco, solo alimentandoci alla sorgente, solo nutrendoci di Lui avremo linfa per camminare, annunciare e vivere questa relazione d’amore, pur rimanendo consapevoli che spesso siamo disonesti, che siamo chiamati a camminare alla presenza del Risorto, del vivere in modo nuovo come il Maestro ci chiede.
don Felice Musto
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