Lc 14,12-14
Gesù disse poi al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
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“Sarai beato perché non hanno da ricambiarti” (Lc14,14) questo versetto del Vangelo di oggi sembra indicare una via assurda per sperimentare la beatitudine in questa vita, quella cioè di dare agli altri sapendo che il destinatario non può dare il contraccambio. È la via che Gesù indica ai suoi circa la possibilità di condividere la propria mensa, le proprie sostanze, con gli ultimi con quelli che sarebbero scartati dalle logiche della fama o del successo: poveri, storpi, zoppi e cechi (Lc 14,13).
Provando ad usare le parole di papa Francesco, Gesù indica gli “scartati della società” come luogo possibile di una libertà del cuore allargata che non è frutto del dare e quindi dell’avere, ma del dare e basta. Coloro che sono identificati come poveri, storpi, zoppi e ciechi non avendo di che ricambiare, danno l’unica cosa in loro possesso: l’amore! Questo amore è frutto di una riconoscenza nell’essere ricevitori di attenzione e cure da persone inaspettate, che fanno ciò liberamente, che costruiscono con il loro agire ponti e relazioni autentiche libere e disinteressate.
La vera beatitudine, quindi, consiste nell’amore disinteressato, gratuito, che amano le persone estranee. “Sarai beato perché non hanno di che ricambiarti” ci svela l’autentico senso religioso del pensiero del Maestro.
Paolo ai Filippesi chiede proprio questo; un camminare insieme, uno affianco all’altro, cercando il bene altrui, prima ancora del proprio. Questa attitudine non è una scelta personale, ma è un’esigenza dell’essere membra dello stesso corpo, frutto della carità donata dal Cristo.
C’è una gioia che scaturisce da queste relazioni vissute alla scuola del Cristo, una gioia che scaturisce dalla comunanza di vita con gli altri, dalla condivisione, dal dialogo; gli incontri narrati nei vangeli tra Gesù e gli uomini non sono altro che un anticipazione di quella gioia piena promessa a tutti al momento dell’incontro con Dio nella sua casa.
Oggi siamo ostaggi del male, delle guerre, degli interessi personali, di un egoismo smisurato, costruiamo confini e muri, cerchiamo il nemico da combattere, l’estraneo da tenere lontano; ma Dio ci dona quotidianamente il suo amore, la sua presenza! Egli ci offre la sua salvezza, ci ricolma di pace e gioia frutto dell’essere in cammino con lui e con i nostri fratelli e sorelle, come ci ha insegnato Papa Francesco durante la pandemia “nessuno si salva da solo, poiché siamo tutti sulla stessa barca”.
La comunità cristiana diventa così palestra di vita e di sequela nella quale poter condividere e donare nella libertà e soprattutto nella gratuità come Cristo insegna ai suoi.
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don Felice Musto
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