Mc 6,1-6
Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
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Nella seconda lettura di oggi (2 Cor 12,7-10) Paolo parla di una spina nella carne che non gli permette di sentirsi perfetto e sembra considerare questa condizione come una grazia ricevuta dal Signore perché non gli consente di montare in superbia, ossia di sentirsi quasi come Dio.
Paolo dice questo all’indomani della sua conversione alla fede in Gesù Cristo alla quale insegna alle sue comunità ad aderirvi ma a non sentirsi mai arrivati, perché questo significherebbe peccare di superbia in quanto la relazione con Gesù è un continuo crescere.
Arrivare a credere di conoscere tutto Gesù e il suo insegnamento porte due rischi: di non credere più nel Signore e di poter fare meglio di Lui. È ciò che sentiamo nel Vangelo: molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?».
Gesù non viene più inquadrato come persona divina che sempre ci guida e ci sostiene, ma come persona finita di cui abbiamo la presunzione di conoscere tutto. Qui si ricollega il motivo per cui quando conosciamo troppo il vissuto umano di una persona che ci parla di Dio o si comporta seguendo gli insegnamenti evangelici non la riteniamo molto credibile, perché attaccati al suo vissuto umano e terreno al punto che quella persona se andasse altrove riceverebbe più credibilità poiché come Gesù viene rifiutata nella sua patria.
Se non riusciamo più a riconoscere i prodigi che Dio compie in mezzo a noi, il motivo è che non abbiamo più il cuore aperto alla novità del suo amore e incaselliamo tutto in categorie umane che apparentemente ci rassicurano, ma non ci permettono di accedere alla vita eterna dove il Signore vuole guidarci facendoci pregustare le meraviglie che accadono intorno a noi.
don Domenico Bruno
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