Gesù è la gioia che cerchiamo (III Domenica di Avvento anno B)

Gv 1,6-8.19-28

Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni,
quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo:
«Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?».
Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei.
Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

*

“Sei la luce dei miei occhi”. Che bello sentire queste antiche dichiarazioni di amore. Erano un modo per far sentire all’altro il calore che era capace di trasmettere a sua volta. Attenzione: non si dice tu sei la luce, ma sei la luce dei miei occhi, ossia tu dai luce ai miei occhi. Ma la luce viene da altrove.

Al confine tra Italia e Svizzera esiste un paesino in una valle dove non arriva la luce del sole in inverno. Per l’occasione è stato installato un enorme specchio rotante sul lato della montagna, affinché riflettesse la luce del sole e consentisse una migliore condizione di vita. Non è stato portato il sole, ma almeno il suo riflesso capace di scaldare e illuminare.

Quanto è importante la luce per la vita! Ma se ci facciamo caso, la luce non possiamo possederla, e non possiamo nemmeno guardarla, la possiamo percepire attraverso il suo effetto: essa illumina e riscalda. In virtù dei suoi effetti sappiamo che c’è. Se la guardassimo ci accecheremmo, se la toccassimo ci bruceremmo.

Cristo è così: non lo si può possedere, né raggiungere, ma ci si può lasciare illuminare e scaldare. E come può accadere questo? Attraverso qualcuno che ci proponga i suoi riflessi. Giovanni il Battista in questo brano del vangelo dichiara apertamente che lui non è la luce, ma la riflette. E può riflettere la luce solo chi vi si espone ad essa e si lascia illuminare. Testimoniare Gesù non significa dire chi è Gesù, altrimenti lo possederemmo e non sarebbe più un mistero, ma riflettere ciò che Lui ha compiuto nella propria vita. La luce riflette in modi differenti in base alla capacità che l’oggetto colpito ha di assorbire i raggi.

Questo significa che più cerchiamo di capire Gesù in modo razionale e quindi di farlo nostro, tanto più avremo difficoltà a comprenderlo. Quanto più, invece, ci abbandoniamo a lui e ci lasciamo scaldare dal suo calore senza la pretesa di possederlo, tanto più vedremo com’è capace di illuminare e dare senso ai nostri giorni e alla nostra esistenza.

La gioia nessuno la possiede, ma tutti possono rifletterla. Se ognuno riflettesse la gioia, il mondo sarebbe più luminoso.

Tutti siamo chiamati a riflettere la gioia dell’opera di salvezza che Cristo ha compiuto nella propria vita, ecco perché è importante chiedersi e ricordare bene sempre: perché credo in Cristo?

don Domenico Bruno

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