Mt 22,34-40
I farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «”Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
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Ho conosciuto persone che hanno fatto grandi opere di misericordia: grandi costruzioni per i poveri, grandi donazioni per gli indigenti… e molti hanno osannato quelle opere.
Successivamente, ho visto quelle persone maltrattare dei fratelli, parlare male alle loro spalle, gloriarsi delle opere compiute, rispondere male a chi aveva bisogno, non avere tempo per chi chiedeva una buona parola… Questa incoerenza mi ha fatto capire che nel cuore, questi cristiani apparentemente misericordiosi, non avevano Dio, ma solo la grandezza del proprio ego. L’orgoglio, l’egoismo, la megalomania, il narcisismo, non lasciavano (e non lasciano!) spazio all’amore.
Non sto esprimendo un giudizio verso di loro, ma voglio solo riflettere su come il demonio sa raggiraci facendoci usare le situazioni di bisogno per gonfiare noi stessi.
Gesù questa Domenica, sin dalla Prima lettura (Es 22,20-26), ci avverte sul comportamento da avere con il fratello e la sorella poveri. Non si tratta solo di povertà materiale (sarebbe fin troppo facile!). Ci chiede di guardare anche alle povertà umane, alle fragilità che ognuno porta con sé. E quelle hanno bisogno di tempo!
Viviamo in un tempo in cui gli psicologi lavorano molto perché sono aumentate le persone che hanno avuto la capacità di riconoscere di avere dei limiti e vogliono superarli. La fede ci aiuta a fare verità, ma se questa verità non è affrontata con carità, sarà difficile la conversione che il Signore si attende da ciascuno.
San Paolo, nella Seconda lettura (1Ts 1,5c-10), ci parla della conversione dagli idoli a Dio. Cosa significa per noi oggi? Molte situazioni irrisolte ci bloccano o ci fanno prendere strade inappropriate per il nostro cammino di fede. Così rischiamo di rifugiarci in alcuni idoli come i vizi, la sopravvalutazione della propria persona, nella ammirazione eccessiva verso un’autorità, finanche a idolatrare Dio stesso pensandolo come entità moralista e giustizialista, anzichè riconoscerlo come Padre misericordioso.
Insomma, amare Dio significa mettere da parte il proprio io e riscoprirsi figli amati che sono sempre al centro del cuore del Padre. L’unica cosa che il Signore ci chiede è amare! Non chiede opere eclatanti o le cose che possono essere viste da tutti: questa è la mentalità voyerista e narcisista del mondo.
Dio vede nel segreto, nel profondo del tuo cuore: è lì che nota l’amore che hai e verso chi o cosa è orientato.
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