Mt 5,1-12a
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
*
“Beato te!”
Quante volte abbiamo usato questa espressione verso qualcuno, magari con un pò di invidia. Quando la nostra vita sembra non andare per il verso che vorremmo noi, guardiamo agli altri credendo che gli altri stiano meglio e pensiamo che loro siano beati e noi condannati.
C’è una differenza tra beato e felice. La felicità è uno sentimento legato a un momento particolare passato il quale tutto torna come prima. La beatitudine è, invece, uno stato. Lo stato è la situazione in cui ci si viene a trovare e vi si rimane senza più uscirne.
Pensiamo a chi raggiunge un obiettivo: in quel momento prova felicità, ma poi quel sentimento passa perché nasce il desiderio di un altro obiettivo e non sarà felice fin quando non lo raggiugnerà. E così via.
Una persona beata è colei che ha raggiunto una pace interiore e nulla potrà togliergliela. Penso a quei malati che ogni tanto visito che non sono rassegnati, ma consegnati… a Dio. Questi, nonostante la malattia che vivono, non hanno come obiettivo la guarigione, bensì fare la volontà di Dio, magari partecipando alla sofferenza che vivono. La sofferenza non è percepita come una condizione mandata da un Dio cattivo, ma la grazia di poter partecipare alla situazione in cui si è venuto a trovare Gesù prima di tornare nella gloria dal Padre.
Questa conversione di vita e di mentalità porta a non vivere più la malattia come una disgrazia, ma come una vera e propria grazia che è la partecipazione alla gloria futura che lo attende.
Quando pensiamo a Dio pensiamo a qualcuno che sta bene nelle sue altezze e non soffre, dimenticando, così, che Dio si è fatto uomo e ha sofferto come noi per ricordarci che non è questa terra il nostro obiettivo, ma il cielo!
San Giovanni, nella seconda lettura di oggi, ci ricorda che Dio è Padre e ha per noi un grande amore che si è manifestato con la passione e risurrezione di Gesù per mezzo del quale abbiamo ricevuto un Battesimo che ci ha resi figli e coeredi del regno dei Cieli. Giovanni lo ripete più volte: “siamo figli di Dio e lo siamo realmente!” E poi aggiunge: “fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui” (1Gv 3,1-3).
E questo non basta per essere beati? Chi ci potrà togliere questa gioia? San Paolo direbbe: chi ci potrà separare da questo Amore?
Nella prima lettura, tratta dal Libro dell’Apocalisse (Ap 7,2-4.9-14), lo stesso Giovanni, nella sua visione, ci dice che avremo “impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio”. E come servire fin da ora il nostro Dio? Avendo cura della nostra terra, delle nostre relazioni, della nostra fede, del nostro corpo… La salvezza appartiene solo a Dio, da Lui solo viene quella gioia alla quale aspiriamo ma che cerchiamo nei posti e nei modi più sbagliati.
San Giovanni ci riporta le parole che il Signore gli ha rivelato nella visione, e cioè che un giorno, una grande moltitudine di persone, siederà davanti al nostro Dio per poterlo glorificare e lodare nella pienezza di questa gioia che non finirà mai. E chi saranno questi molti di cui parla? “Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello”, dice il Signore.
Allora saranno beati coloro che sapranno affidare al Signore le proprie sofferenze, le proprie ansie, i propri sentimenti, desideri… Solo orientandoli a Lui potremo dirci convertiti.
Solo se daremo alla nostra vita una sterzata verso il Signore potremo davvero sperimentare quella beatitudine che già da ora ci promette.
- E a te, cos’è che blocca questa sterzata?
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