Mt 18,15-20
Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».
*
Quante volte ti è capitato di fare discussione con qualcuno?
Questo brano si colloca nel grande “discorso comunitario”, illuminandoci su un grande dono della comunità cristiana: la correzione fraterna. Matteo ci invita a riconoscerla non come un processo da realizzare, bensì come una manifestazione dell’amore di Dio.
Sant’Ignazio di Loyola scrive nei suoi Esercizi: «Bisogna presupporre che ogni buon cristiano dev’essere più pronto a salvaguardare l’affermazione del prossimo che a condannarla». Ci viene offerto un insegnamento su come comportarci se ricevessimo un torto, una colpa, da parte di un nostro fratello e/o amico.
L’altra faccia della medaglia della correzione fraterna è la libertà che ci prospetta due vie: comportarci da pagani, in cui l’istinto ci fa reagire per vendicarci, o da pubblicani. Gesù, nella gradualità che ci propone, sceglie per noi la via dei pubblicani che ama, serve, con cui condivide la mensa… e alla fine dà la vita per loro.
Il fine della correzione fraterna è ricominciare sempre da uomini nuovi che, cuore a cuore, scoprono la ferita dell’altro senza condannarla bensì donando la luce giusta perché anche il cuore del fratello compia il salto della riconciliazione.
La sfida è rendere partecipe il fratello dello stesso amore che tante volte ha perdonato, risollevato, guarito, sanato le nostre ferite. Pregare per i nostri nemici e per le ingiustizie che dividono la rete sociale è una grande manna per la vita della Chiesa, della comunità, della famiglia, perché il prossimo si ama a partire dal suo peso, da ciò che rende pesante la relazione, vivendo con lui con pazienza e docilità… perché «dove due o tre sono uniti nel mio amore e si amano io sono in mezzo a loro».
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