Gv 6,51-58
Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
*
Ognuno è ciò che mangia.
Se mangio sempre quello che si definisce cibo spazzatura, magari potrei dare l’idea di non avere cura di me stesso, c’è chi sostiene che se mangio solo carne sarò più esposto a sviluppare atteggiamenti un pò più aggressivi, così come se mangiassi molte spezie la mia pelle trasuderebbe odori particolari…
Mi piace pensare che se mangiassi sempre il Pane eucaristico, dove eucarestia significa ringraziamento, diventerei una lode vivente. Penso ai mistici che si nutrivano solo di eucarestia per una dote particolare, non per propria scelta.
L’eucarestia fa comunione, quindi se rendo lode a Dio riconosco la sua opera di salvezza per il genere umano, riconosco che ogni uomo, anche il più antipatico, violento, immeritevole da un punto di vista umano, vale il sangue di Cristo versato per amore dalla croce!
Riconoscere questo significa “eucaristizzarsi”, cioè diventare un tutt’uno con la realtà in cui quel pane può darci accesso: la vita eterna. Eterno è solo Dio, quindi nutrendoci del suo corpo e sangue con il profondo desiderio di lasciarci trasformare possiamo davvero partecipare, ossia prendere parte, alle realtà del cielo, alla vita di Dio.
Ecco perché non può bastare solo la fede per essere buoni cristiani. In quel pezzo di pane consacrato per noi c’è Dio che si dona a noi, un frammento di infinito che chiede di diventare infiniti. Se ognuno di noi si nutrisse con consapevolezza e vera riverenza di quel corpo e sangue, allora vivremmo davvero in comunione, cioè saremmo più uniti, diventeremo uno perché faremmo parte di quell’unica realtà divina alla quale il Figlio ci ha dato accesso.
Quel pane, inoltre, ci chiede poi di non restare a tavola a mangiare, ma di essere condiviso. È la missione a cui siamo chiamati per annunciare a tutti “venite e vedete com’è buono il Signore”.
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