Lc 10,25-37
Un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
*
Chi è il mio prossimo? Non certo quello che verrà prossimamente!
Il prossimo è colui che abbiamo già accanto: una consorella, un confratello, un parrocchiano, un parente…
Per Gesù il prossimo è colui che ha bisogno. In effetti se ci pensiamo noi stabiliamo relazioni non con chi ha bisogno di noi, ma con quelle persone che soddisfano un nostro desiderio o accarezzano il nostro piacere.
Difficilmente stabiliamo relazioni con chi ha bisogno e se lo facciamo, qualche volta sono relazioni finalizzate ad appagare il nostro ego: ti aiuto così mi sento più bravo e ho fatto un’opera buona.
La prossimità è libera ed è a perdere: il buon samaritano nonostante appartenga a una cultura da dover tenere lontana è l’unico che si mette a disposizione del malcapitato in modo generoso.
Possiamo dire di amare Dio, ma se non siamo disposti a perdere qualcosa per le sue creature, allora stiamo solo perdendo tempo.
- perché compi opere buone?