Lc 10,13-16
Gesù disse: «Guai a te, Corazìn, guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che avvennero in mezzo a voi, già da tempo, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, nel giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato».
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Nella prima lettura Giobbe ha ricevuto la prova e alla fine incomincia a ritenersi giusto da non meritarsi questa prova. Ma non si ribella a Dio benché i suoi amici lo istighino. Cercano di tentarlo…
Il Signore rimprovera Giobbe facendogli capire che lui potrà essere giusto quanto crede, ma non conoscerà profondamente il pensiero di Dio.
Nella sua probabile, e per certi versi autentica, santità Giobbe sta peccando di presunzione, di orgoglio. Quasi si sente perfetto solo perché segue il Signore credendo di conoscerne il pensiero. E Dio gli ricorda che non è così perché Lui non conosce tutto ciò che l’Onnipotente ha fatto, che fa e che farà.
Il rischio degli uomini e delle donne di Chiesa è di sentirsi migliori rispetto ad altri.
Ecco perché nel Vangelo Gesù dice: Guai a chi crede di essere nel giusto e non si domanda se ciò che gli accade intorno non siano segni che Dio gli sta mandando per riflettere. Guai a chi crede di non dover mai fare penitenza e implora Dio di togliergli il dolore piuttosto che interrogarlo sulla sua volontà.
Ricorda che sei sempre discepolo.
Allora nelle difficoltà chiediamo: Signore cosa vuoi insegnarmi oggi?
Solo così come dice il salmo: saremo guidati dal Signore in una via di eternità.
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