Gv 20,19-31
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
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(a cura di Michele Castagnaro)
Quante volte è capitato anche a noi di compatire Tommaso! Poveretto, proprio nel momento in cui Gesù Risorto ha voluto incontrare i discepoli era l’unico assente! Proprio lui, il più incredulo di tutti!
Spesso ci sarà capitato anche di ascoltare che Tommaso è chiamato Dìdimo, che significa gemello, perché in fondo è gemello di ciascuno di noi… ma come è possibile dire questo? Noi siamo quelli che pur non vedendo Gesù fisicamente crediamo in Lui… ma ne siamo proprio certi?
In fondo Tommaso altro non desidera che incontrare il Risorto, fare esperienza di Lui. Tommaso vuole toccare con mano le ferite aperte del Signore, da cui grondano fiumi di Misericordia. Solo ora, finalmente, comprende che Gesù è morto e risorto per amor suo e di tutta l’umanità. E così, finalmente rasserenato, può fare la sua splendida professione di fede: “Mio Signore e mio Dio!”.
Allora, caro Tommaso, ti diciamo: beato te! Beato te che hai avuto la gioia grande di incontrare il Signore Risorto, la fortuna immensa di fare esperienza del suo Amore! Allora speriamo che anche per la nostra vita giunga finalmente il momento di incontrare Gesù e di accogliere con fiducia la sua Misericordia…
- e tu hai fatto davvero esperienza di Dio nella tua vita? Quando?
Ascolta anche il commento audio qui sotto
(a cura di don Domenico Bruno)
In fondo siamo tutti un pò come Tommaso, non solo perché siamo credenti increduli (infatti crediamo a Gesù, ma un pò meno alla sua risurrezione), bensì anche per altri aspetti che ora vedremo.
Anzitutto il brano di Giovanni di oggi inizia specificando un tempo preciso:
“La sera di quel giorno”, cioè il giorno della risurrezione di Gesù. “Il primo della settimana”: per noi cristiani la settimana inizia dal giorno che chiamiamo Domenica, ossia giorno del Signore.
Gesù “stette in mezzo e disse: Pace a voi”. Il Signore quando appare lo fa in un contesto di persone radunate nel suo nome e come dono della sua presenza offre la pace. Ogni volta che si fa esperienza di Gesù risorto si avverte un moto di pace che nessuno potrà più togliere. Inoltre, lascia in dono lo Spirito Santo come guida per conservare questa pace. Ogni volta, infatti, che si compiono scelte o si dicono parole senza aver aver invocato lo Spirito i risultati sono poco pacifici, o lo sono apparentemente e per breve tempo.
Tommaso è uno dei Dodici, uno di coloro che dicono di seguire il Signore e di far parte di quelle persone che si professano seguaci di Gesù. Proprio Tommaso, quando Gesù stette in mezzo a loro, non era presente, non era con gli altri, non stava facendo chiesa, unione, assemblea… Questo conferma che Gesù quando si manifesta lo fa in un contesto di gruppo mentre si prega insieme.
Interessante che Tommaso venisse chiamato Dìdimo che in greco significa gemello. Sappiamo allora che Tommaso ha un gemello, un altro che gli somiglia, e sa cosa vuol dire avere un fratello. Tommaso ha un legame speciale e profondo con il fratello, come succede tra gemelli: anche quando l’altro non c’è lo si avverte. Come sarebbe bello che tra cristiani sviluppassimo questa dimensione della fratellanza!
La tragedia che Tommaso vive parte qui: non riesce a vedere il Signore perché non sta con gli altri fratelli, in quanto non riesce a riconoscerli come tali. Tommaso vuole stare con quelli che dice lui, vuole vivere come dice lui. Ma la lezione di oggi insegna a quel discepolo e a noi oggi che nessuno può trovare il Signore Gesù in modo individuale e fuori dalla fraternità, dalla chiesa…
Per questo motivo “Otto giorni dopo” Tommaso sta con gli altri radunati in preghiera. Sono passati otto giorni dalla risurrezione, cioè la Domenica successiva. La Domenica è Pasqua della settimana in cui il Signore ci dà appuntamento per radunarci e per fare esperienza di Lui vivo e vero.
Tommaso vede il Signore e Gesù gli fa mettere la mano nelle piaghe come egli stesso aveva chiesto per poter credere. Così tocca con mano le ferite del Signore… Anche noi oggi poniamo come condizione quella di vedere e toccare Gesù per poter credere, ma quando il Signore ci fa sperimentare le sue ferite imprimendole nella nostra vita, anzichè fare in modo che queste diventino un tramite per fare entrare il Signore, desideriamo scappare perché non reggiamo la prova.
Ma Dio non scappa, anzi, si piega sulla nostra miseria, sulla nostra povertà, come ha fatto con quella di Tommaso che gli impediva di credere. Allora capiamo che una povertà può diventare ricchezza solo stando con gli altri, e solo con gli altri si può fare esperienza di misericordia e comprendere l’amore che Dio riversa sulle nostre pochezze.
La misericordia richiede di passare attraverso la relazione con gli altri: non si può amare Dio che (non vedo) senza amare e stare con il fratello (che vedo!).
Per salvarci non possiamo dare dei tempi a Dio, ma è Dio che ci dà degli appuntamenti e che ci chiede di riconoscerci fratelli anche con quelli che non ci somigliano. È con loro e con Gesù in mezzo che siamo chiesa e avremo la pace.
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