Una cristiano che non porta a Dio, è assassino!

Nel Vangelo di oggi Gesù è chiaro: lo scopo per cui è venuto è predicare, parlare dell’amore di Dio (cfr Mc 1,29-39).

In effetti oggi siamo cristiani malati: o ci preoccupiamo di essere assistenzialisti e perbenisti, oppure, anzichè preoccuparci di coltivare la dimensione comunitaria della fede, con la quale ci raduniamo insieme attorno al Signore, ciascuno pensa a se stesso: come quelle persone del vangelo che vanno da Gesù per essere risollevate, guarite… Se non chiediamo a Gesù il miracolo o l’assistenza, non siamo contenti!

Come cristiani ci stiamo addormentando: siamo poco interessati di aiutare chi ci è vicino ad affezionarsi al Signore. Sembra che parlare di Dio sia diventato un tabù e quando capita si usano i nomi vaghi: lui, cielo, dall’alto, qualcuno-con-la-q-maiuscola. Abbiamo paura di chiamare per nome Colui che ci ama, per paura di essere presi in giro. Essere cristiano non significa vivere da esaltato, non significa fare lotte estremiste verbali o fisiche.

Gesù non è buono solo perché guarisce e fa grazie. Gesù è colui che vuole parlarci del Padre. Gesù è colui che vuole portarci al Padre. Gesù vuole che ci sentiamo figli amati e insegniamo ai nostri fratelli la stessa cosa.

Il Signore si ritira in un luogo deserto per parlare col Padre e chiede ai suoi discepoli di accompagnarlo perché Lui è venuto per questo: insegnarci a parlare del Padre e col Padre. Una chiesa incapace di questo, non sarà mai chiesa e anzichè generare fede, la ucciderà.

– Io invece, come vivo la mia fede? Che nome dò a Dio?

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