Anche oggi ascoltiamo il vangelo di Marco, detto “il vangelo del discepolo” perché conduce i discepoli a una graduale rivelazione di Gesù.
In effetti, Gesù oggi dice «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini» (Mc 1,14-20). Diventare pescatori significa aiutare le persone a radunarsi, come la rete che prende i pesci e quando viene tirata su i pesci si stringono tra loro.
Diventare pescatori di uomini non significa avvicinare a Dio tutte le persone. Non sarebbe una fede frutto di conversione libera, ma proselitismo frutto di un indottrinamento forzato. È vero che bisogna andare a recuperare la pecorella smarrita, ma se la pecorella non vuol tornare è libera di farlo.
La prima lettura (Gio 3,1-5.10) ci insegna una cosa importante: Giona riceve il compito dal Signore di profetizzare una sventura, cioè la distruzione di Ninive. Il rischio che fosse messo a morte per queste parole era alto, il rischio che molti prendessero quella parola come una punizione di Dio dal quale era meglio allontanarsi era grande. Ma Giona ha preferito dire la Verità, ha preferito rispettare il mandato di Dio, non una verità addolcita solo per farsi accettare.
A volte nelle difficoltà ci si raccoglie insieme, e Dio manda sempre qualcuno che prenda quel raccolto e gli renda presente il divino.
Gesù passa nelle azioni quotidiane della nostra vita, cerca di farsi sentire. A volte siamo distratti. A volte, però, qualcuno fa come i discepoli che lasciano subito le reti, le abbandonano. Neanche le recuperano per andare da Gesù. Sono “rapiti” dal suo amore. Nella Bibbia le azioni dicono il cuore che ci si mette nel fare/non fare qualcosa.
I pescatori di uomini siamo noi, e lui è l’amo-re attorno al quale non tutti sceglieranno di stringersi in modo autentico, ma molti potranno riempire le proprie reti, riempiere la propria vita.
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