La croce era ed è un brutto segno di morte. Gesù lo ha trasformato in segno di salvezza. Com’è possibile?
Per comprenderlo bisogna entrare nell’ottica di Gesù, assumere il suo sguardo. La morte è un passaggio necessario: racchiude tutto ciò che di brutto ci possa essere (tristezza, dolore, angoscia, solitudine, abbandono, tradimento, sconfitta, fine di tutto…). Gesù lo sa e decide di prendere questi sentimenti negativi e distruggerli per sempre facendosene carico.
Ciò che dimostra la vittoria di Gesù è la sua risurrezione, il suo tornare in vita, il non essersi lasciato schiacciare da questi mali. Ecco perché il Signore vuole andare incontro alla morte, per dimostrarci che con Lui nulla è finito. Per chi si affida a Lui nulla è impossibile.
Per questo Gesù risponde a Pietro “va’ dietro a me Satana!” (Mt 16,21-27): perché chi non pensa secondo Dio non si fida della sua potenza e del fatto che Dio ami così tanto da non volerci vedere sofferenti e crede nell’illusione del Nemico che ci convince, in modo abile, che la vita è dolore e pianto, per cui è meglio cercarsi il piacere in tutti i modi possibili e in modo egoistico.
Il buon Geremia invece ci testimonia che lui si è lasciato sedurre da Dio perché convinto della sua bontà e nonostante le amarezze che questa scelta ha comportato a causa degli uomini, ha perseverato (Ger 20,7-9) proprio come esorta San Paolo: “rinnovate il vostro modo di pensare” (Rm 12,1-2).
Questo significa prendere la propria croce: chiedere a Dio qual è la cosa giusta e portarla avanti con la certezza che non ci lascia mai soli.
– qual è la mia croce?
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