Sicuramente ci sarà capitato di sperimentare confusione e smarrimento. Ci siamo chiesti: ma dove arriverò? Ma perché devo fare questa cosa che non mi piace? E se quello che faccio non mi porterà niente di buono?
Se ci siamo posti almeno una volta queste domande vuol dire che siamo in cammino, cioè stiamo vivendo e non stiamo subendo la vita in modo rassegnato, ma almeno ci stiamo provando e conserviamo la speranza (anche se minima) che in fondo (ma molto in fondo) ne vale la pena.
Chi subisce lo smarrimento e non cerca di ritrovarsi si sta abbandonando alla disperazione e alla delusione, cioè vive senza la speranza che Gesù possa aiutarlo e si sente preso in giro da tutto e da tutti.
È l’esperienza dei discepoli di Emmaus, due che avevano sentito parlare di Gesù, ne sapevano anche molto, sapevano che lui avrebbe aiutato tutti salvandoli, ma alla fine è stato ucciso. Non credono che Gesù aveva detto che sarebbe risorto. “Noi speravamo”, dicono. Ora non sperano più, ora si danno per vinti. Gesù li affianca ma non lo riconoscono perché hanno deciso di non camminare più sulla sua strada. E lo sconforto li assale. Capita anche a noi.
Ma il Signore ci rincorre, si mette sulla strada sbagliata insieme a noi e poi pian piano ci fa capire che strada dobbiamo intraprendere. Se lo ascoltiamo e ci prendiamo del tempo per stare con lui impareremo a riconoscerlo e lasciarci guidare. Come hanno fatto i due che camminavano verso Emmaus: non riconoscono che l’uomo che parla con loro è Gesù, ma lo ascoltano volentieri e alla fine capiscono chi è veramente. La speranza si riaccende, riprendono a camminare sulla giusta strada e torna la felicità.
- Mi prendo del tempo per stare con Gesù (anche quando non lo capisco)?
- Che felicità sto inseguendo? E che strada ho deciso di percorrere? È la strada di Gesù?
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