Per la prima volta nella storia, questa domenica la Chiesa non si raduna insieme a tutto il popolo di Dio per far festa a Gesù che entra a Gerusalemme. Allora cerchiamo di ricordare cosa facevamo gli anni scorsi: con i rami di ulivo in mano gridavamo osanna a Gesù che viene per liberarci, è lui che ci salverà!
Dopo essere passato dalla gioia del popolo che sembrava volergli bene, ha cenato coi suoi discepoli e come leggiamo nel Vangelo di Matteo, Gesù ricorda che nella Bibbia c’è scritto che Dio: “Percuoterà il pastore e saranno disperse le pecore del gregge” e poi conclude: Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea.
Sembra quasi che stia descrivendo il momento che stiamo vivendo: tutti impediti a radunarci. E mi piace pensare che Gesù ci stia dicendo che dopo la sua risurrezione anche noi torneremo a vivere. Meglio di prima.
Gesù non lascia l’ultima parola alla tristezza e alla morte, ma alla speranza.
I rami di ulivo appartengono a un frutto buono e prezioso che non manca mai in alcun pasto: l’olio. Se in un cibo manca l’olio quella pietanza non ha un buon sapore e allora mangiare diventa una tortura.
Al contrario l’olio abbraccia e dà sapore a tutto ciò che abbraccia.
Per la prima volta questa domenica delle Palme la vivremo senza scambiarci concretamente la palma per augurarci speranza e pace. Ma possiamo compiere un gesto altrettanto forte e bello: abbracciare chi vive in casa con noi e rendere più saporita e armoniosa la nostra convivenza. Come fa l’olio!
In fondo se la pace non parte dalla nostra casa, non potremo mai portarla fuori appena potremo uscire.
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