Chi l’ha detto che i soldi non possono portare la felicità?
Certo bisogna capire cosa intendiamo per felicità, ma in un contesto cristiano se la nostra felicità è il Paradiso non è detto che chi ha i soldi non possa arrivarci!
Povertà non è sinonimo di non-soldi. Povertà è l’atteggiamento di distacco dalla ricchezza. Se grazie a Dio faccio un lavoro che onestamente mi produce un buono stipendio, se grazie a Dio la chiesa riceve molte offerte, se grazie a Dio ho la capacità di condividere queste ricchezze con chi ha bisogno… perché non dovrei andare in Paradiso?
Nel Vangelo (Lc 16,1-13), Gesù non loda l’amministratore per la sua disonestà, ma per la sua astuzia, perché ha saputo impiegare quel denaro non per riempire le proprie tasche, ma per aiutare chi era nel bisogno: ha diminuito i debiti di quelle persone alle quali potrà rivolgersi quando avrà bisogno di rifugiarsi quando sarà licenziato.
Così deve essere per il cristiano: utilizzare i beni materiali che ha non per riempirsi, ma per fare in modo che ne possano usufruire anche coloro che sono nel bisogno. Si chiama condivisione.
La ricchezza in sé non è maledetta, ma un’opportunità che il Signore ci dà per servire e aiutare i fratelli. Ma se ci lasciamo assorbire dalla ricchezza e il nostro interesse diventa quello di accumulare solo per noi stessi, a quel punto Dio finisce in secondo piano e questo è un pericolo.
In questo senso, i soldi impiegati nella carità ci spalancano le porte del Paradiso.
- Le cose che ho le impiego per Dio o le tengo solo per me?
- Riconosco ciò che ho come dono del Signore?
- Come opportunità per conquistarmi il Paradiso?
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